Affido superesclusivo se l’altro genitore non è idoneo

Con sentenza n. 16205/2023 la Cassazione ha dato il via libera all’affido superesclusivo del figlio ad un solo genitore nel caso in cui l’altro non sia idoneo. La Suprema Corte, infatti, ricorda che il perseguimento dell’obiettivo di assicurare l’esclusivo interesse morale e materiale della prole può portare all’affidamento superesclusivo a un genitore in caso di inidoneità dell’altro

Cass. civ. Sez. I, Ord., (ud. 11/05/2023) 08-06-2023, n. 16205

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 19399/2022 R.G. proposto da: A.A., elettivamente domiciliata in Roma, via Luigi Settembrini n. 28, presso lo studio dell’Avvocato Francesco Morcavallo, che lo rappresenta e difende, unitamente all’Avvocato Francesco Miraglia, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

Contro B.B., e C.C., domiciliati ex lege in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dal loro curatore speciale Avvocato E.E.;

– controricorrenti –

nonché contro D.D.;

– intimato –

avverso il decreto della Corte d’appello di Torino n. 589/2022 depositato il 31/5/2022;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/5/2023 dal Consigliere Dott. Alberto Pazzi.

Svolgimento del processo

RITENUTO CHE:

1. A.A. adiva il Tribunale di Torino con ricorso (del 1 aprile 2019) ex art. 337-quinquies c.p.c. affinché fossero modificate le condizioni di affidamento dei figli minori C.C. (nato nel (Omissis)) e B.B. (nato nel (Omissis)) già stabilite dal medesimo tribunale con decreto in data (Omissis), che aveva previsto l’affido esclusivo cd. Rafforzato dei minori al padre D.D. e la loro collocazione presso il medesimo. Il tribunale, in parziale accoglimento del ricorso, disponeva che la madre potesse vedere e tenere con sé i figli minori a fine settimana alternati (dal venerdì all’uscita da scuola sino a lunedì in mattina), un pomeriggio durante la settimana (dall’uscita di scuola fino al mattino successivo) e per periodi prestabiliti durante le vacanze natalizie, pasquali ed estive. Confermava la presa in carico dei minori da parte del servizio di neuropsichiatria infantile per la prosecuzione degli interventi in essere nonché l’incarico ai servizi sociali di proseguire con l’intervento di supporto in corso, nei contesti materno e paterno, onde consentire di eliminare la visione scissione del funzionamento familiare presente nei minori. Disponeva la presa in carico di entrambi i genitori da parte del servizio di psicologia per l’attivazione di un progetto a supporto della loro genitorialità. Ribadiva la presa in carico delle parti da parte del servizio sociale per la ripresa del percorso di mediazione familiare, raccomandando, infine, alla A.A. l’avvio di un percorso psicoterapeutico privato.

2. La Corte d’appello di Torino, a seguito del reclamo presentato dalla A.A. con cui si rappresentava, da una parte, la sua adeguatezza genitoriale, in assenza di patologie psichiatriche, e si sosteneva, dall’altra, il fallimento dell’affido esclusivo rafforzato dei bambini al padre, rilevava che la reclamante, stando alle risultanze delle tre consulenze tecniche d’ufficio svolte, risultava affetta da un disturbo di personalità con prevalenza di tratti paranoidei, sottolineando poi che simili tratti della personalità avevano continuato a interferire pesantemente nelle relazioni con l’altro genitore. Constatava, per converso, che il D.D. era genitore privo di profili psicopatologici, risultava sufficientemente adeguato all’accudimento e all’educazione dei figli e si era dimostrato capace anche di gestire la conflittualità di coppia, favorendo il rispetto dell’altro genitore nella mente dei figli e la sua permanenza nella loro vita concreta. Evidenziava, infine, che i consulenti tecnici d’ufficio avevano osservato una scissione con riferimento ai minori che era stata indotta dalla demolizione della figura paterna messa in atto dalla madre nel corso degli anni.

3. Per la cassazione del decreto di rigetto del reclamo, pubblicato in data 31 maggio 2022, ha proposto ricorso A.A. prospettando cinque motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso l’Avv. E.E., curatore speciale dei minori C.C. e B.B. L’intimato D.D. non ha svolto difese.

Motivi della decisione:

4. Il primo motivo di ricorso assume la nullità del provvedimento impugnato per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in ragione del carattere apparente della sua motivazione, con riguardo alla condizione psicologica della reclamante: la Corte di merito – a dire della ricorrente – si è appiattita in maniera acritica sulle risultanze delle consulenze espletate, avallando del tutto genericamente, senza argomentazione alcuna, la posizione di psicopatologia della A.A. pur in presenza di diverse relazioni che attestavano l’assenza di alcun quadro psicopatologico franco.

5. Il motivo è infondato, non trovando alcun conforto nel tenore della motivazione presente all’interno del decreto impugnato. La motivazione che il giudice deve offrire, a mente dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, costituisce la rappresentazione dell’iter logico-intellettivo seguito dal giudice per arrivare alla decisione, di modo che la stessa assume i caratteri dell’apparenza ove sia intrinsecamente inidonea ad assolvere una simile funzione. La motivazione assume perciò carattere solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., Sez. U., 22232/2016). Nel caso di specie la Corte territoriale ha fornito una chiara ed inequivoca spiegazione delle ragioni poste a base della propria decisione, non solo sottolineando come “tutti” i consulenti nominati dal tribunale avessero rilevato una condizione psicopatologica della reclamante (pag. 5), tale da determinare “un’importante compromissione” delle sue funzioni genitoriali “relativamente alla capacità di garantire l’accesso all’altro genitore” (pag. 7), ma anche dando conto in maniera puntuale e dettagliata delle ragioni per cui non era possibile aderire alle diverse tesi espresse dallo psichiatra che aveva avuto in supervisione e cura la A.A.. Il ricorrente, nell’assumere il carattere generico e non circostanziato di una simile motivazione e nel riproporre lunghi tratti della relazione del Dott. F.F., oltre a ritenere in maniera non corretta che il carattere dell’apparenza della motivazione discenda dall’erroneità della valutazione della congerie istruttoria piuttosto che dalla perscrutabili delle ragioni offerte dal giudice, prescinde dal reale contenuto della decisione impugnata e dalle ragioni chiaramente illustrate al suo interno e intende accreditare una diversa valutazione della congerie istruttoria che, però, sfugge al sindacato di questa Corte. La doglianza non può quindi che essere rigettata, dato che all’interno del decreto impugnato una motivazione esiste ed è ben comprensibile.

6. Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 315-bis e 337-ter c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con riferimento al collocamento dei minori e al diritto degli stessi di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori: la Corte d’appello – in tesi di parte ricorrente -, pur in presenza di rilievi peritali escludenti condizioni di alterazioni psichiche materne e comprovanti la sofferenza dei minori, si è appiattita sulla conferma del provvedimento impugnato anche quanto al collocamento dei bambini presso la residenza paterna. Le norme richiamate assicurano al minore il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori e possono essere derogate solo nel caso in cui sia comprovata l’esistenza di un serio pregiudizio per il minore. L’affidamento super esclusivo in favore di uno solo dei genitori, perciò, può essere disposto unicamente in presenza di gravi carenze nelle capacità genitoriali dell’altro, emergenti da risultanze peritali chiare, convergenti e motivate. La Corte distrettuale – in tesi di parte ricorrente – ha violato il disposto di queste norme, non solo omettendo di specificare quali siano i pregiudizi per lo sviluppo psicofisico dei minori che discendono dalla frequentazione con la madre, ma anche non disponendo adeguati ed efficaci interventi di sostegno nella relazione fra la medesima e i discendenti.

7. Il motivo è inammissibile.

7.1 La giurisprudenza di questa Corte in materia di affidamento dei figli minori non ha mancato di sottolineare che il criterio fondamentale cui deve attenersi il giudice nel fissarne le relative modalità di esercizio è quello del superiore interesse della prole, atteso il diritto preminente dei figli a una crescita sana ed equilibrata (Cass. 21916/2019, Cass. 12954/2018). Pertanto, la scelta dell’affidamento a uno solo dei genitori, da effettuarsi in base all’interesse prevalente morale e materiale della prole, deve essere sostenuta non solo dalla verifica della idoneità o inidoneità genitoriale di entrambi i genitori, ma anche e, soprattutto, dalla considerazione delle ricadute che la decisione sull’affidamento avrà, nei tempi brevi e medio lunghi, sulla vita dei figli (Cass. 21425/2022). All’esito di simili verifiche il perseguimento dell’obiettivo di assicurare l’esclusivo interesse morale e materiale della prole può comportare anche l’adozione di provvedimenti contenitivi o restrittivi di diritti individuali di libertà dei genitori (quale l’affidamento c.d. “super” esclusivo del figlio a un genitore, all’esito dell’accertamento dell’inidoneità genitoriale dell’altro), senza che occorra operare un bilanciamento fra questi ultimi e l’interesse superiore del minore (Cass. 4056/2023).

7.2 Nel caso di specie la Corte distrettuale si è posta nel solco dei principi appena richiamati, facendone puntuale applicazione, laddove ha rilevato tanto “un’importante compromissione delle funzioni genitoriali della signora A.A. relativamente alla capacità di garantire l’accesso all’altro genitore”, quanto l’esistenza di un “fattore di rischio evolutivo per i bambini deriva(nte) dal dualismo tra l’immagine del padre che hanno interiorizzato, a seguito della demolizione della sua figura messa in atto dalla madre, e l’esperienza concreta che del medesimo genitore fanno nella quotidianità” (pag. 7 della decisione impugnata). Il mezzo in esame, dopo aver illustrato argomenti astratti privi di specifica attinenza alla fattispecie concreta in esame, espone censure che non considerano né si correlano in alcun modo con le spiegazioni offerte dal collegio di merito, se non per sostenere che le stesse si siano appiattite in maniera apodittica sulle conclusioni a cui era giunto il primo giudice, e risulta pertanto privo del carattere di riferibilità alla decisione impugnata che il ricorso per cassazione deve necessariamente avere (Cass. 6587/2017, Cass. 13066/2007). Vizio, peraltro, che si estende anche alle doglianze con cui si assume che nulla è stato fatto per supportare adeguatamente le difficoltà dei minori e garantire il loro diritto di poter ricostruire una sana relazione parentale materna, quando in realtà il provvedimento confermato dalla Corte d’appello – assicurando un primo apprezzabile riconoscimento del diritto alla bigenitorialità e ponendo le basi per una sua successiva estensione – non solo dispone un incremento più che significativo delle visite fra la madre e i bambini rispetto al regime precedente, ma prevede anche la presa in carico dei minori e di entrambi i genitori da parte dei rispettivi servizi di psicologia, affidando ai servizi sociali la ripresa del percorso di mediazione familiare.

8.1 Il terzo motivo di ricorso censura il provvedimento impugnato perché la Corte d’appello non ha preso posizione, in merito e in diritto, rispetto alle figure della zia e della nonna paterna, a cui il padre aveva delegato ogni funzione accudente e che fungevano da genitore vicario.

8.2 Il quarto motivo di ricorso prospetta l’esistenza di un errore nella ricostruzione dei fatti e nella lettura dei documenti e dei referti medici presenti in atti, con riferimento al fatto che C.C. era stato morsicato all’avambraccio destro dalla zia paterna.

8.3 Il quinto motivo di ricorso assume l’esistenza di un’erronea ricostruzione dei fatti, rispetto ai percorsi psicologici e psichiatrici seguiti dalla reclamante, e di un’erronea lettura dei documenti medici-psichiatrici della stessa, cosicché mancherebbero prove oggettive scientifiche capaci di supportare le accuse di alienazione da parte della madre nei confronti del padre.

9. I motivi, da esaminarsi congiuntamente in ragione del coincidente vizio che li affligge, risultano inammissibili. Tutti i mezzi, infatti, oltre ad essere privi di alcuno specifico riferimento ad alcuno dei canoni di critica previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, contestano la ricostruzione dei fatti e la valutazione degli stessi compiute dalla Corte di merito e, nel contempo, fanno riferimento a principi di diritto affermati da questa Corte in tema di delega delle funzioni genitoriali o di alienazione parentale. Un simile coacervo di critiche non soddisfa l’onere previsto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4), di articolare il ricorso per cassazione in specifici motivi riconducibili in maniera immediata e inequivocabile a una delle ragioni di impugnazione stabilite dall’art. 360 c.p.c., comma 1 (cfr. Cass. 24247/2016, Cass. 18829/2016). Il giudizio di cassazione, infatti, è un giudizio a critica vincolata, delimitato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito; ne consegue che il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, in modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c., sicché è inammissibile la critica generica della sentenza impugnata, formulata con un unico motivo sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati, non collegabili ad alcuna delle fattispecie di vizio enucleate dal codice di rito (Cass. 11603/2018, Cass. 19959/2014). Peraltro, a fronte della reiterata denuncia di errori nella ricostruzione dei fatti e nella lettura dei documenti di causa, occorre ribadire il principio secondo cui il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non già il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà del controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico- formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr., ex plurimis, Cass. 331/2020, Cass. 21098/2016, Cass. 24679/2013, Cass. 27197/2011).

10. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere respinto. La natura delle questioni esaminate, che riguardano diritti di natura familiare coinvolgenti relazioni affettive, costituisce una grave ed eccezionale ragione, analoga a quelle normativamente previste, che giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, come risultante dalle modifiche introdotte dal D.L. 132/2014 e dalla sentenza n. 77/2018 della Corte costituzionale. Il procedimento è esente dal versamento del contributo unificato, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 10, comma 2, di modo che non trova applicazione il disposto dell’art. 13, comma 1-quater medesimo decreto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente le spese di lite. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri titoli identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge. Così deciso in Roma, il 11 maggio 2023.

2023-08-11T11:57:10+02:00 22 Settembre 2023|