REATO CONTINUATO – GIUDICE DELL’ESECUZIONE – RICONOSCIMENTO DELLA CONTINUAZIONE – ELEMENTI SINTOMATICI SPECIFICI – NECESSITÀ.

In tema di riconoscimento della continuazione in fase esecutiva, il mero riferimento alla contiguità cronologica degli illeciti, ovvero all’identità dei titoli di reato, non è sufficiente a delineare i presupposti per la configurabilità del reato continuato, trattandosi di indici non univoci di attuazione di un unico programma criminoso in quanto comuni all’abitualità a delinquere, propria di un sistema di vita tendente alla sistematica e contingente consumazione di illeciti.

CORTE DI CASSAZIONE

SEZ. I PENALE

N. 38876/23 DEL 25/09/2023

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 21.10.2022, la Corte d’appello di Bari in funzione di giudice dell’esecuzione, in parziale accoglimento dell’istanza avanzata da (OMISSIS), ha riconosciuto la continuazione tra i reati giudicati con:

– sentenza n. 599/2015 della medesima Corte territoriale in data 3 marzo 2015, irrevocabile il 26 maggio 2016, con cui era stato condannato in relazione al reato di cui all’articolo 73, Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, commesso in (OMISSIS);

– sentenza n. 1198/2021 della medesima Corte territoriale in data 22 marzo 2021, irrevocabile il 16 febbraio 2022, con cui era stato condannato in relazione al reato di cui all’articolo 73, Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, per fatti commessi in (OMISSIS).

Ha invece rigettato l’istanza di riconoscimento della continuazione in relazione al reato di rapina aggravata commesso a (OMISSIS), giudicato con sentenza n. 404/2016 della Corte d’appello di Bari, in data 8 febbraio 2016, irrevocabile il 28 febbraio 2017. La Corte territoriale ha ritenuto che, pur in presenza di contiguità temporale di tale reato con quelli di cui all’articolo 73, Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, nonché’ della finalità di lucro, la diversità del titolo di reato e delle conseguenti modalità di esecuzione escludessero la configurabilità di un preventivo e unitario disegno criminoso.

2. Avverso tale ordinanza il (OMISSIS), a mezzo del difensore, ha proposto ricorso per cassazione, deducendo il vizio di violazione di legge per erronea applicazione della disciplina del reato continuato, nonché’ il difetto di motivazione in ordine alla valutazione degli elementi indicatori della sussistenza di un unico disegno criminoso.

La valutazione della Corte territoriale, appuntandosi solo sugli elementi pregiudizievoli della applicazione della disciplina della continuazione, e cioè sulla eterogeneità delle violazioni, avrebbe “oscurato” gli altri indici rivelatori dell’unicità del disegno criminoso, senza chiarire le ragioni per cui la suddetta eterogeneità escluderebbe che al momento della commissione della rapina le detenzioni della sostanza stupefacente fossero già state programmate almeno nelle loro linee essenziali.

3. Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato e deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

2. Il riconoscimento della continuazione postula, sia in fase di cognizione che in sede di esecuzione, la programmazione e deliberazione iniziale di una pluralità di condotte grossomodo delineate (“disegnate”) in vista di un unico fine. Ciò richiede pertanto la verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074).

Sul piano probatorio, il condannato che, in sede di esecuzione, invochi l’applicazione della disciplina della continuazione, ha l’onere di allegare elementi sintomatici della riconducibilità anche dei reati successivi a una preventiva programmazione unitaria, al fine di evitare che la previsione di cui all’articolo 81, comma 2, c.p. si traduca in un automatico beneficio premiale conseguente alla mera reiterazione del reato, rendendo evanescente la linea di demarcazione tra continuazione e abitualità a delinquere (Sez. 3, n. 17738 del 14/12/2018, de. 2019, Bencivenga, Rv. 275451).

Si è peraltro precisato che il condannato che invoca l’applicazione della disciplina della continuazione in sede di esecuzione ha un mero interesse all’allegazione di elementi specifici sintomatici della riconducibilità dei reati a una preventiva programmazione unitaria, sicche’, non configurandosi un onere giuridico, la mancata allegazione di tali elementi non può essere valorizzata negativamente dal giudice (Sez. 1, n. 12914 del 23/02/2022, Altavilla, Rv. 283083 – 01).

Spetta al giudice dell’esecuzione, tenuto conto delle allegazioni difensive e attraverso l’approfondita disamina dei casi giudiziari oggetto delle sentenze acquisite anche di ufficio, individuare i dati sostanziali di possibile collegamento (cfr. Sez. 1, 14188 del 30/3/2010, Russo, Rv. 246840).

3. Ciò premesso, ritiene il Collegio che l’ordinanza impugnata vada esente da censure.

La Corte territoriale, dopo aver riconosciuto la sussistenza della continuazione tra i reati di cui all’articolo 73, Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 in ragione della loro omogeneità, prossimità temporale e della identità del luogo di commissione, l’ha invece esclusa con riguardo a tali reati e a quello di rapina. Pur sussistendo contiguità temporale tra le condotte considerate, nonché’ il comune fine di lucro, l’ordinanza impugnata ha ritenuto che la diversità del titolo di reato e delle modalità di esecuzione che le caratterizzava fossero di per sé elementi idonei ad escludere l’unicità del programma criminoso.

Trattasi di motivazione logica e ineccepibile a fronte della quale il ricorrente non ha allegato nessun concreto elemento significativo del fatto che, al momento della perpetrazione della rapina, il (OMISSIS) avesse già programmato, quantomeno nelle sue linee essenziali, la commissione dei successivi reati di cessione di sostanze stupefacenti, limitandosi, in sostanza, a prospettare tale unitaria preordinazione come mera e astratta possibilità.

D’altra parte, la giurisprudenza di legittimità ha escluso che il mero riferimento alla contiguità cronologica degli addebiti ovvero all’identità dei titoli di reato sia sufficiente, trattandosi di indici non univoci di attuazione di un programma criminoso unitario in quanto comuni all’abitualità a delinquere, propria di un sistema di vita tendente alla sistematica e contingente consumazione di illeciti, a delineare i presupposti per la configurabilità del reato continuato (Sez. 1, n. 35806 del 20/04/2016, dep. 2016, D’Amico, Rv. 267580; Sez. 7, n. 5305 del 16/12/2008, dep. 2009, D’Amato, Rv. 242476).

L’ordinanza impugnata ha fatto corretto uso dei principi sopra indicati e ne ha dato conto con argomentazioni assolutamente logiche e non contraddittorie.

4. Alla stregua delle considerazioni svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, che si ritiene equo determinare in euro tremila.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

2023-10-02T16:53:16+02:00 13 Ottobre 2023|